Da più parti si afferma che la medicina di cui ci serviamo per guarirci è, a sua volta, malata e bisognosa di cure. È indubbio che sempre più si sta perdendo molto dell'umanità delle cure e della percezione dell'unità della persona come essere corporale, fisico, ed essere mentale, pensante, quindi anche come essere culturalmente e socialmente esistente. Nel frattempo la salute, o meglio lo star bene, è diventato assiomatico del "mostrarsi in forma", in una connotazione che travalica la sfera personale acquisendo valore simbolico nel dover apparire sani per evitare di essere allontanati o scartati dalla società e dagli altri.
Non è di questo genere di medicina che le persone hanno bisogno, ma di una medicina che assuma invece una fisionomia non più ambigua e discriminante (anche fra ricchi e poveri, fra residenti e non residenti, ecc.), proponendosi di riportare al proprio interno non solo tecniche e scienze biochimiche e genetiche ma anche quei saperi rappresentati dalle scienze umane nel loro complesso, fra cui un posto di primo piano ha anche l'antropologia culturale.
Negli ultimi decenni, infatti, una parte degli studi antropologici sono stati rivolti non più a valutare le differenze del comportamento umano nella cura della salute fra le diverse culture, ma prendendo in considerazione i sistemi medici anche di casa nostra come strategie integrate di adattamento socio-culturale della nostra stessa società, e studiando anche il sistema scientifico biomedico e psicodinamico in cui siamo inevitabilmente inseriti noi occidentali come un sistema culturale che abbraccia comunque credenze, azioni, conoscenze e tecniche che promuovono la salute fisica e mentale degli individui e della società.
All'antropologia della salute è dedicato questo libro che si propone di studiare le questioni connesse alla condizione di malato della persona, a partire dal senso del male come viene avvertito sul piano personale dal singolo, ma anche su quello teologico, filosofico e non solo biomedico; altri capitoli sono dedicati all'eziologia delle malattie e ai protocolli delle cure, all'unità corpo-mente, e anche alle logiche che separano nelle pratiche della salute delle varie culture scienza, magia e religione, oltre che la lettura del corpo e della mente della persona "malata" e ai suoi riflessi sociali; fra gli altri argomenti trattati nelle sue pagine vi sono anche quello legato all'importanza della relazione fra paziente e terapeuta/operatore della salute e, in ultimo, quello del finis vitae e della morte, con ciò che comporta anche in termini di paure e angosce esistenziali piuttosto che di connotazioni culturali, filosofiche e teologiche.
Premessa
Il senso del male
- La questione teologica e filosofica
- Il contributo della scienza e l'approccio antropologico
- Le problematiche connesse all'interazione fra culture diverse
- La morte come male estremo
- Il male nella sua dimensione magica
- Verso una condivisione di pratiche?
Sofferenza, malattia, modelli terapeutici
- Le ragioni della nascita di una antropologia della salute
- La malattia come "alterazione mentale"
- I problemi della vecchiaia
- La malattia negli altri, la malattia nel proprio sé
La salute fra scienza, fede e magia
- La cooperazione fra approccio medico-scientifico e fede e le pratiche mediche non convenzionali
- La sopravvivenza delle pratiche magiche nella medicina popolare
- Il maligno e il ruolo salvifico della Chiesa
Epistemologia del corpo e simbolismi della mente nelle diversità culturali
- Scienza, conoscenza e autocoscienza
- Le diverse prospettive delle culture dei popoli migranti
Le patologia da identità multiple e le sindromi culturalmente caratterizzate
- Realtà e metaverso: vita reale e avatar digitale
- I "tradizionali" disturbi dissociativi della personalità
- Le sindromi culturalmente caratterizzate
L'importanza del rapporto fra terapeuta e paziente nella malattia e nel finis vitae
- L'alleanza terapeutica
- L'assistenza nel finis vitae e l'evoluzione culturale della morte
Riflessioni finali
Riferimenti bibliografici