Il volume verte su una realtà storico-sociale sicuramente ignorata da tanti, quella delle comunità italo-albanesi stanziatesi da secoli in un'area specifica dell'interno della Sicilia, la cosiddetta "Piana dell'Arcivescovo" (nel territorio palermitano), a seguito della diaspora dei cristiani albanesi che non accettarono l'islamizzazione forzata dovuta all'invasione della loro terra da parte degli ottomani negli anni che seguirono la caduta dell'impero romano d'oriente.
Il libro si apre proprio con la storia della diaspora albanese del passato e con le similitudini con i più recenti fenomeni migratori dai Balcani verso l'Italia, per poi puntare a descrivere, analizzandole nel dettaglio, le forme e le espressioni dell'identità arbìreshì ancora vive nelle comunità siciliane stanziate nei paesi che furono fondati (o rifondati) dai cristiani albanesi di quel tempo; paesi che, proprio per l'estremo isolamento geografico in cui per tanto tempo sono vissute queste comunità, sono riusciti a conservare in gran parte intatta la loro cultura delle origini, la lingua e l'insieme delle loro tradizioni culturali, a partire dal culto cristiano-bizantino che ne è sempre stato il segno distintivo e che è oggi testimoniato dalla presenza a Piana degli Albanesi, la "capitale" dell'enclave arbìreshì di Sicilia, di una delle due Eparchie italiane (l'altra si trova a Lungro, in Calabria, al centro di un'altra grande comunità italo-albanese sparsa in tutto il sud della penisola).